LE CITTÀ METROPOLITANE E IL RECOVERY FUND
Peccato che siano praticamente inesistenti
di Fiorello Cortiana
Se ci fossero effettivamente, le Città Metropolitane sarebbero lo strumento di governo territoriale capace di rispondere alle attese del Recovery Fund approvato da tutti gli organismi di governo europei. Al momento la realtà è amaramente prosaica. Il Presidente Mattarella durante l’incontro con i governatori ha rivolto un chiaro monito per un uso accorto dei fondi europei: “Il Recovery Fund non sia un passaggio della diligenza cui attingere ma occasione di storico rilancio per l’Italia” i fondi europei sono un “appuntamento da non perdere per incidere sui nodi strutturali con riforme e investimenti strutturali, con il recupero di ritardi decennali”.
Il Presidente ha ricordato come l’art. 114 della Costituzione evidenzi che la Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. Il richiamo presidenziale a non esercitarsi nell’assalto alla greppia pubblica e a collaborare all’interno delle coordinate istituzionali della Costituzione ha costituito anche una risposta a Dario Nardella sindaco di Firenze. Nardella ha affermato che “i comuni devono essere in prima linea per l’impiego dei 200 miliardi del Recovery FUND” “Io e i sindaci delle Città Metropolitane, che rappresentiamo oltre la metà del PIL nazionale, entro settembre presenteremo al premier Conte un piano dettagliato, con decine di progetti, strategici e in stato avanzato, per un totale di 30 miliardi.”
Certamente il sindaco di Firenze parlava in nome dei colleghi delle altre 14 città metropolitane italiane, è altrettanto certo che non parlasse in nome degli altri 1254 sindaci che le compongono e men che meno dei 21.875.633 cittadini che abitano i 1268 comuni. Di fronte alla piena gestione del Recovery Fund si evidenzia il deficit di democrazia attuato dalla legge Del Rio, istitutiva delle Città Metropolitane, curiosamente consentito dalla Corte Costituzionale in vista di modifiche alla Costituzione che poi gli italiani hanno bocciato.
Il Presidente della Repubblica sembra uno tra i pochi in sintonia con la natura della sfida politica ed economica che l’Europa ha positivamente affrontato, alla faccia dei sovranisti di tutte le latitudini. La Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, intervenendo al Parlamento Europeo, ha fatto notare che grazie a Nex Generations EU la Commissione “ha fatto una proposta europea, per evitare gli errori del passato” un importante richiamo al metodo comunitario, che supera quello intergovernativo, “i tabù sono stati messi da parte”, ora “sappiamo tutti che l’Europa non è alla fine del tunnel, ma ora può iniziare a vedere l’alba”.
“Consiglio Europeo ha preso un chiaro impegno per il rispetto dello Stato di diritto e per proteggere gli interessi finanziari dell’Unione. Non solo lo accolgo con favore, ma la Commissione agirà di conseguenza. La protezione del bilancio e la tutela dello Stato di diritto vanno mano nella mano: dobbiamo intensificare la lotta contro le frodi, con i giusti controlli”, annunciando che “creeremo un database, per sapere effettivamente chi sono i beneficiari finali” dei fondi comunitari”.
Molte frodi al bilancio Ue vengono effettuate utilizzando società schermo e un database dei beneficiari finali consentirà di avere trasparenza sull’utilizzo di fondi pubblici. Si tratta di “un investimento europeo, nella nostra Unione Europea” perciò “è essenziale che il Parlamento Europeo svolga un ruolo chiave” nella sua governance. In sintonia il Presidente del Consiglio Europeo Charles Michel ha sottolineato che “gli ammontari di Next Generations EU canalizzati attraverso il bilancio per la spesa costituiscono ricavi assegnati esternamente.
L’autorità di bilancio eserciterà il controllo politico, che deve essere definito in accordo con il Parlamento Europeo, il Consiglio e la Commissione”. Una collaborazione coordinata senza precedenti tra gli organismi di governo europei che, nonostante l’uscita del Regno Unito, non solo ha coperto quasi tutti i gap contributivi ma, conclude Von der Leyen, “aggiunge una potenza di fuoco massiccia e senza precedenti”.
Insieme ai controlli, quindi, alla rendicontazione: accountability, l’Europa ha indicato degli indirizzi chiari al fine di utilizzare la crisi che si è determinata come opportunità per un cambiamento competitivo. I tre parametri chiave definiti dall’Unione Europea per il Recovery Fund sono: transizione digitale, resilienza, sostenibilità ambientale.
Ha ragione Nardella, le Città Metropolitane sono dei nodi essenziali nella produzione di valore nel mercato globale, ma non hanno un’istituzione amministrativa in grado di governarle con una visione capace di accompagnare il sistema produttivo e sociale tanto alla transizione digitale, che alla sostenibilità ambientale. Questo di fronte allo scenario, reiterato dall’ONU, per cui a metà di questo secolo il 70% della popolazione mondiale sarà inurbata.
La Città Metropolitana potrebbe essere un Ente di Servizi a Rete, in grado di organizzare servizi e competenze attraverso agenzie interne di scopo/progetto, con l’adattabilità necessaria all’evoluzione della competizione glocal. Ambiti Territoriali Omogenei per Acqua, Rifiuti, Energia, Infrastrutture dell’informazione, Trasporto pubblico, Lavoro, Formazione/Ricerca.
Anche dopo l’impatto del Covid è una rete di attori pubblici e privati che promuove le esperienze di collaborazione locale nella produzione di valore all’interno dell’orizzonte della globalizzazione. Questo è il protagonismo economico dei sistemi territoriali e degli attori che li definiscono. Una funzione cruciale resa possibile dalle politiche pubbliche delle autorità locali e regionali con le quali coincidono questi sistemi territoriali.
Dentro la globalizzazione, gli attori dei sistemi territoriali locali hanno tessuto “reti lunghe”, ciò attraverso delocalizzazioni, joint venture commerciali tecnologiche e produttive. La dimensione metropolitana trova qui una piena funzionalità. Proprio qui e proprio ora manca un livello istituzionale adeguato, sia per legittimazione democratica sia per prerogative di governo per consentire la definizione e l’attuazione di politiche adeguate e per l’attivazione delle risorse necessarie. Un tessuto a rete, multipolare e bidirezionale, evita ogni aggravio centralista, piuttosto richiede e consente l’attivazione di un’intelligenza connettiva latente.
Per questo un’effettiva Città Metropolitana può attivare la definizione di luoghi partecipati a pari dignità, affinché tutti gli attori del sistema territoriale, interessati dai processi di produzione di valore, concorrano a qualificare il sistema sotto il profilo della qualità dei servizi, della qualità del lavoro, della qualità ambientale, della qualità sociale, della qualità delle infrastrutture, della qualità della formazione/ricerca.
Ecco perché le organizzazioni dei lavoratori non costituiscono una zavorra negoziale bensì un patrimonio indispensabile per abilitare una comunità territoriale al cambiamento. Ciò aumenterà l’efficacia delle policies delle istituzioni pubbliche territoriali (nazionali, regionali, metropolitane, municipali) e di quelle funzionali (consorzi, associazioni, enti formativi, ambientali e culturali, enti economici) per l’esercizio del loro ruolo essenziale nei processi di sviluppo qualitativo sia nella relazione locale-locale sia in quella locale-globale, quindi effettivamente glocale.
Possiamo perciò lasciare che le scelte urbanistiche di Milano, che riguardano milioni di mq nel solo capoluogo, siano prese da fondi immobiliari residenti nei paradisi fiscali, con partecipate pubbliche acquiescenti? Possiamo lasciare alla buona volontà di alcuni funzionari della Città Metropolitana di Milano la disposizione, la condivisione e la difesa, di migliaia di km di fibra di banda larga lungo i cavidotti intorno al capoluogo? Possiamo pensare che, di fronte ai cambiamenti climatici, invece di una cintura verde che metta in rete le aree naturali, quelle agricole e realizzi i corridoi ecologici e un’efficace regimazione delle acque riaprendo i Navigli dove ha senso, i parchi siano invece destinati a ospitare vasche di laminazione per fare fronte agli effetti esondanti della cementificazione del suolo?
Di quale gestione del Recovery Fund parliamo? Di quale sostenibilità? Di quale transizione digitale? Resilienza, chi è costei? Non so quale rendicontazione farà Sala, o chi per lui, all’UE, certamente non ai cittadini elettori metropolitani che hanno diritto Costituzionale ma non hanno facoltà normativa per decidere chi sarà il loro sindaco e per fare cosa.
Solo un’effettiva autonomia finanziaria di entrata e di spesa per la Città Metropolitana, nel rispetto dell’art.119 della Costituzione, accrescerà i livelli di responsabilità, di trasparenza, rendicontazione ed efficacia nella gestione delle politiche amministrative per lo sviluppo glocale, con la partecipazione di tutti gli attori del sistema territoriale. Una risposta coerente con gli indirizzi del Recovery Fund UE è un saldo positivo per la democrazia repubblicana e per la relazione tra cittadini/elettori e le istituzioni della politica pubblica.
Pubblicato anche da: https://www.arcipelagomilano.org/archives/56747