Il mistero del Fiore d’Oro
Di Lü-Tzu
Seguito dal Libro della Coscienza e della Vita
Descrizione
Il “Trattato sul Mistero del Fiore d’Oro del Grande Uno” è quasi l’unico testo completo che si conosca, riguardante le pratiche iniziatiche cinesi e in particolare il taoismo operativo. Su esso, il noto sinologo Richard Wilhelm è stato il primo ad attirare l’attenzione, dopo essere riuscito a procurarsi una copia del libro, in precedenza riservato ad organizzazioni segrete.
Gli insegnamenti corrispondenti erano stati per lungo tempo trasmessi per via orale; essi sono attribuiti al Maestro Lu-Tzu, che visse fra la fine dell’VIII e il principio del IX secolo d.C., ed hanno per oggetto procedimenti di una “alchimia interiore”, spirituale, la quale con particolari tecniche di meditazione e di direzione delle correnti sottili dell’organismo mira alla trasmutazione e all’integrazione dell’essere umano, alla [ della coscienza sulla trascendenza e sull’Originario, dischiusura simboleggiata appunto dal “Fiore d’Oro”.
Gli insegnamenti si rifanno non solo al taoismo ma anche alla forza “Zen” (in cinese: Ch’an) del buddhismo. Si tratta di un documento assai interessante, unico nel suo genere, anche se dal contenuto talvolta “ermetico” e misterioso per la natura stessa dell’argomento, che però il Grison ha cercato di lumeggiare in un ampio studio introduttivo nel quale egli si rifà ad un insieme di tradizioni affini, sia dello stesso ceppo che di altre aree culturali.
Tradotto in diverse lingue, questo Trattato sul Fiore d’Oro viene ormai considerato come un classico della letteratura esoterica, ma non è privo di interesse anche da un punto di vista non specialistico o di storia delle religioni.
Fonte: https://www.edizionimediterranee.net/libri/edizioni-mediterranee/product/il-mistero-del-fiore-d-oro
Autore:
Laozi, trascritto anche Lao Tzu, Lao Tse, Lao Tze o Lao Tzi, è stato un filosofo e scrittore cinese antico del VI secolo a.C., presunto autore del Tao Te Ching e fondatore del taoismo. Nel I secolo d.C. divenne la principale divinità del pantheon taoista.
…Laozi è tradizionalmente ritenuto l’autore del Tao Te Ching, saggio composto di poco più di cinquemila parole e contenente i punti cardine della sua dottrina. Seguendo l’esempio di altri trattatisti cinesi, Laozi per spiegare le proprie idee e concezioni fa ampio ricorso a paradossi, analogie, ripetizioni, simmetrie, rime, e costruzioni ritmiche. Non a caso, l’intera opera può essere interpretata come una complessa analogia, dove il monarca allude all’Io e gli innumerevoli cittadini dell’Impero alle sensazioni e ai desideri sperimentati dal corpo.
Il Tao Te Ching, spesso chiamato semplicemente Laozi in virtù del suo presunto autore, delinea il Dao (o Tao, voce cinese che significa «via, cammino») come la fonte ideale di tutta l’esistenza: è invisibile, ma non trascendente, estremamente potente eppure umile, ed è la radice di tutte le cose. Le persone, che agiscono in seguito ai propri desideri e al libero arbitrio, spesso si comportano «in maniera non naturale», alterando il naturale equilibrio del Dao; ebbene, il Tao Te Ching si prefigge lo scopo di far ritornare i propri studenti a uno stato naturale in perfetta sintonia con il Dao.[11] In questo ambito si inscrive la polemica contro il linguaggio e la saggezza tradizionale, considerati intrinsecamente prevenuti ed artificiali.
Un concetto fondamentale del Tao Te Ching, e dell’intero taoismo, è il wu wei. Statuito come norma suprema del comportamento individuale e collettivo, il wu wei non invita alla passività, ebbene esige un’attenzione costante al mondo circostante, così da non interferire con il fluire spontaneo degli eventi naturali. Si tratta, in ogni caso, di un concetto che si presta a diverse interpretazioni, anche sul piano linguistico, tanto che in italiano «wu wei» può essere tradotto letteralmente come «non agire», «non sforzarsi» o anche, in senso teatrale, come «agire spontaneamente» o «vivi il momento».
All’etica del non agire, infatti, si affianca quella della spontaneità, cristallizzata nel termine ziran, interpretabile anche come «armonia con il Dao». Laozi, infatti, è un fautore della semplicità, della spontaneità e dell’umiltà, valori praticabili quotidianamente ma anche sul piano politico, ripudiando la guerra, le tassazioni gravose e le leggi eccessivamente severe.
Tra i detti più famosi di Laozi figurano:
«”Quando si perde il Tao, appaiono la moralità e il dovere” “È meglio accendere una lampada, che maledire l’oscurità” “L’argilla è necessaria per modellare un vaso. Ma il suo uso dipende dal vuoto interno che si riesce a creare” “Coloro che sanno non parlano e quelli che parlano non sanno.” “Nel mondo nulla è morbido e debole quanto l’acqua, ma nel lavorare il solido e il forte nulla è in grado di superarla” “Un buon viaggiatore non ha piani precisi e il suo scopo non è arrivare” “Un viaggio di mille miglia comincia sempre con il primo passo” “Più si emanano leggi e decreti, più ci saranno ladri e predoni.”» |