A cura di Francesca Gastaldi
L’ascolto di un brano è capace di far riaffiorare ricordi, generare emozioni, incantare. Il motivo? Più di qualsiasi altro stimolo, la musica è in grado di attivare nel cervello molteplici circuiti. Come ci ha spiegato un esperto.
Ricordi, emozioni ma non solo: l’ascolto di un brano è spesso in grado di suscitare una serie di sensazioni diverse e intense. Il motivo? Risiede tutto negli effetti della musica sul cervello. Effetti che sono stati studiati nel corso degli anni e che hanno portato a scoperte tanto affascinanti quanto sorprendenti.
Tra i primi studi che ha preso in esame le conseguenze dell’ascolto della musica sul cervello, c’è quello ormai passato alla storia con il nome di “Effetto Mozart”.
Effetto Mozart: di cosa si tratta
Lo studio, che risale al 1993, è stato condotto da due fisici, Frances Rauscher e Gordon Shaw, che hanno preso in esame l’effetto dell’ascolto della musica di Mozart sul ragionamento spaziale.
I ricercatori fornirono infatti a 36 studenti un test di ragionamento spaziale astratto, al quale i partecipanti dovevano sottoporsi dopo aver sperimentato una di tre condizioni di ascolto diverse: la Sonata per due pianoforti in re maggiore di Mozart (K. 448), istruzioni di rilassamento verbale o silenzio. I risultati mostrarono come l’ascolto del brano di Mozart fosse correlato a un miglioramento temporaneo del ragionamento spaziale, misurato attraverso il test QI di Stanford-Binet. Lo studio, pubblicato su Nature, finì però per alimentare un’interpretazione suggestiva ma non realistica. L’aumento dell’intelligenza spaziale, riscontrato come risultato dagli studiosi, venne infatti popolarmente interpretato come un aumento del quoziente intellettivo in generale. In altre parole, si diffuse l’idea che l’ascolto dell’opera di Mozart rendesse in un certo qual modo “più intelligenti”.
Gli effetti della musica sul cervello
Al di là di questo studio, che incontrò lo scetticismo del mondo scientifico soprattutto perché non forniva una spiegazione precisa dei risultati raggiunti, quello che è ormai provato è che l’ascolto della musica ha davvero un potente effetto sul cervello.
«La musica agisce stimolando il movimento del corpo, l’attenzione, la programmazione e avendo un potenziale molto importante sulla rievocazione mnestica, cioè sulla memoria – spiega infatti il Professor Mauro Porta, neurologo responsabile del Centro malattie ExtraPiramidali e Sindrome di Tourette presso l’IRCCS Ospedale Galeazzi-Sant’Ambrogio. – La musica, infatti, agisce su diverse aree cerebrali contemporaneamente laddove altri stimoli sensoriali hanno un effetto più limitato, attivando solo alcune aree del cervello».
«La musica coinvolge sia l’emisfero destro che l’emisfero sinistro del cervello – spiega ancora lo specialista. – Non solo, stimola anche il sistema nervoso simpatico, provocando reazioni nel nostro corpo come l’aumento del battito cardiaco. Questo spiega perché l’ascolto di un brano può far venire i brividi, può farci piangere o ricordare. È raro piangere guardano un’opera d’arte, invece ascoltando un brano musicale può succedere e questo perché la musica ha un effetto molto diretto e potente sulla componente emotiva».
Effetti della musica sul cervello e sulle connessioni neuronali
«Dobbiamo pensare poi che il cervello è costituito da 90 miliardi di cellule, i neuroni, ma che, ancora più importanti per il nostro sistema cognitivo, sono le connessioni che si stabiliscono tra un neurone e l’altro – prosegue lo specialista. – Nel cervello si arrivano a contare circa un milione di miliardi di connessioni neuronali e sono queste che permettono al cervello di avere determinate caratteristiche. La musica è molto importante proprio perché aumenta le connessioni neuronali, stimolando tutte le aree della corteccia: quella fasica, relativa alla parola, quella mnestica, relativa al ricordo, quella prassica, relativa al fare, e infine quella cognitiva relativa alla conoscenza e appunto all’apprendimento».
Durante l’ascolto di musica ma anche quando si canta o si suona uno strumento vengono coinvolti entrambi gli emisferi del cervello ma in modo diverso.
«Mentre armonia e melodia sono appannaggio del lobo destro del cervello, quello dell’emotività, dell’immediatezza e della sintesi – spiega lo specialista – il ritmo e la durata del suono sono appannaggio del cervello sinistro, quello analitico, più lento, che vuole seguire procedure già apprese».
Effetti della musica sul cervello: uno stimolo per l’apprendimento
Molte ricerche, non a caso, hanno mostrato come lo studio della musica contribuisca a sviluppare capacità particolari e possa favorire l’apprendimento soprattutto nei bambini. I benefici, nello specifico, si noterebbero nella capacità di formulare ragionamenti astratti, ma anche nell’aumento delle competenze analitiche, matematiche e linguistiche.
«L’aspetto più interessante è che la musica mette in funzione dei meccanismi legati all’emozione che nell’apprendimento sono molto importanti – sottolinea ancora il Professor Porta. – È stato dimostrato, infatti, che più viene stimolata la componente emotiva attraverso la musica, maggiore è l’apprendimento. Questo mette in luce chiaramente l’importanza della musica nell’educazione: nessuna attività a cui può affacciarsi un bambino produce infatti degli effetti così interessanti».
Gli effetti della musica sulla produzione ormonale
La musica produce poi un effetto importante anche sul rilascio di determinati ormoni e neurotrasmettitori, ovvero sostanze chimiche che permettono ai neuroni, le cellule del sistema nervoso, di comunicare fra di loro.
«Primo tra tutti l’ossitocina, ovvero l’ormone dell’amore, quello che interviene nel parto e nelle relazioni in generale – spiega il Professor Porta. – E poi la dopamina, che è l’ormone mediatore della creatività e della fantasia. Senza contare che la musica aumenta la secrezione della serotonina, ormone della serenità, della pace e dell’assenza di dolore ed è responsabile anche di alterne secrezioni di cortisolo, che è sì l’ormone dello stress ma è anche quello che ci permette di vivere, poiché coinvolto nel metabolismo delle proteine, dei lipidi e dei carboidrati».
Uno studio condotto dagli scienziati dell’Université de Bourgogne Franche-Comté di Besançon e pubblicato sulla rivista Frontiers in Neuroscience, ha infatti dimostrato che l’ascolto della musica permette di rilasciare dopamina, un ormone che influisce sulle sensazioni di piacere che le note regalano. La musica aumenterebbe l’attività nelle aree del cervello dedicate alla gratificazione e al piacere proprio perché tali aree sono ricche di recettori di dopamina.
Musicoterapia neurologica
Sulla base delle teorie relative agli effetti che la musica è in grado di generare nel cervello, è nata la musicoterapia neurologica, una branca della musicoterapia che si propone di sfruttare i benefici terapeutici della musica per trattare deficit cognitivi, sensoriali o del linguaggio causati da patologie o traumi al sistema nervoso.
«Uno dei primi studi compiuti in quest’ambito ha messo in luce come la musica fosse in grado di ridurre gli attacchi epilettici – spiega il Professor Porta. – Se consideriamo che l’epilessia è una patologia che interessa la corteccia cerebrale e che la musica agisce proprio sulla corteccia cerebrale, è lecito pensare che la musica possa essere impiegata in modo efficace per stimolare opportunamente il cervello».
Musica ed epilessia
Tale ipotesi sembra essere stata confermata anche da uno studio del Dartmouth College di Hannover, pubblicato a settembre 2021 su Scientific Reports. La ricerca ha dimostrato, nello specifico, che l’attività elettrica associata all’epilessia diminuisce nei pazienti con epilessia refrattaria, grazie alla musica di Mozart. In particolare, alla Sonata per due pianoforti di Mozart in re maggiore, la già citata K.448 del celebre effetto Mozart.
«Ci vuole però sempre una certa cautela quando si parla di terapia – conclude il Professor Porta. – Sicuramente la musicoterapia può avere una sua efficacia, se abbinata però ad altri tipi di cura. Non dimentichiamo, poi, che esiste anche un’epilessia musicogena ovvero scatenata da stimoli sonori».
Fonte: iodonna.it